domenica 19 luglio 2015

Riflessioni sulla mente poetica

“Il nostro cervello lo usiamo solo in minima parte, ricordatelo Luca Tutto l’altro ben di Dio va sprecato, se non lo coltivi!”
Le parole dell’amata signora, la mia maestra, risuonano in testa mentre mi affanno sull’articolo commissionato dal giornale. Mi sto sforzando troppo con la mente razionale, è evidente, pretendo di scrivere oppresso da una scadenza.
“Jill Bolte Taylor, brillante neuroanatomista americana, ha scoperto le potenzialità della mente, dovendo vivere l’esperienza di un ictus che le ha paralizzato la parte logica del cervello. La straordinaria capacità di autosservarsi e la tenacia con cui ha lottato per guarire, diventano l’appassionato racconto delle potenzialità nascoste nella parte creativa del cervello umano.”
È facile accorgersi che alcuni simboli, immagini, poesie o suoni fanno vibrare qualcosa di nascosto in fondo all’anima. Questo mondo ha invece troppo esaltato la razionalità, giudicando folle la dimensione dell’ascolto e dell’intuizione. La stessa che ci consente di abbracciare, consolare, danzare e vivere con autenticità, quando anche per un solo istante il nostro cuore si apre al respiro del cosmo.
Solo la mente poetica può entrare nel mondo delle emozioni, delle vibrazioni, dello spirito.
L’atto di fede sta nel chiudere gli occhi e sentire. Fede nel fatto che Dio abita in noi e può sussurrarci parole.
Tante idee in testa. Eppure nonostante l’entusiasmo, lo schermo del pc resta ferocemente bianco.
Esco.
È mattina presto e il mio parco è deserto, solo gli uccelli parlano al sole che sorge.
Sulla mia panchina, mi apro all’opera d’arte illimitata, la Natura.
Ascolto il suono della rugiada che bacia le infiorescenze del verde.
Respiro il sapore dell’humus che ubriaca le narici.
Il canto del sole appare, iridescente, tra foglie oblunghe.
Lascio una lacrima scorrere, non ne ho timore.
Adagio, per rimanere in questo incanto, sfilo il taccuino di tasca e scrivo...

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